Carnevale è un’occasione per colorarsi, cantare, ballare, far baldoria: come potrebbe non piacere una festa del genere al vivace popolo napoletano? Nonostante le tradizioni partenopee siano molto antiche, sono ancora molto seguite.
In questo articolo leggerai della storia del carnevale napoletano e le tradizioni che sono rimaste col passare del tempo.
Le origini del Carnevale napoletano sono molto antiche e, come per tutti i carnevali italiani, vengono fatte risalire a preesistenti riti pagani. Nonostante questo, con il susseguirsi delle dinastie sul trono di Napoli, il carnevale ha via via assunto un aspetto tutto suo.
Durante il regno degli Aragona, il carnevale era un festeggiamento esclusivo della classe nobiliare. La famiglia reale organizzava delle feste durante le quali si ballava, cantava mangiava, ma durante cui si tenevano anche battute di caccia e balli mascherati. Ovviamente, a questi ricevimenti erano invitati soltanto i nobili, mentre la popolazione non vi partecipava ancora.
Durante la dominazione dei Viceré a Napoli, i festeggiamenti del Carnevale si diffusero anche tra i ceti bassi della popolazione. Inizialmente, venivano organizzati dalle corporazioni delle arti e venivano finanziati dagli aristocratici. È così che il popolo napoletano iniziò a travestirsi e scendere in piazza indossando maschere, ballando e cantando. Pian piano, cominciarono ad apparire i primi carri della cuccagna, i quali, oltre ad essere decorativi, trasportavano anche prodotti di genere alimentare che venivano distribuiti alla popolazione. I nobili poi si divertivano a vedere come il popolo affamato si fiondava sui carri per accaparrarsi quanto più cibo possibile.
Poiché le risse vicino i carri della cuccagna diventarono sempre più violente, vennero prima introdotte delle regolamentazioni, finché Carlo di Borbone non stabilì che venissero allestiti all’interno di territori circoscritti anziché fatti sfilare per la città. Con il passare del tempo, i carri cominciarono a svilupparsi per poter contenere una quantità sempre maggiore di cibo.
Nel 1764 vi fu una cuccagna con un risvolto tragico. La popolazione era stremata da una carestia, di conseguenza non riuscì a contenersi di fronte ai carri e cominciò ad assalire perfino le guardie pur di accaparrarsi del cibo. Così, il re fu costretto a sedare la rivolta e la cuccagna finì in un bagno di sangue. Successivamente, questa tradizione fu abolita e poi ripresa più volte, finché non fu cancellata definitivamente a causa della difficoltà di contenere la popolazione.
Nonostante la cuccagna fu abolita, il Carnevale di Napoli continuò con i propri festeggiamenti: la tofa ne è un esempio. Questo strumento formato da due conchiglie veniva suonato per dare inizio alle celebrazioni, facendo riversare in strada il popolo che, mascherato, ballava e cantava.
Con il tempo, il carnevale napoletano si è evoluto. Nel 1900 venivano presentati dei carri molto realistici, che presentavano allegorie o satira di persone reali o mestieri. Inoltre, molto nota era la tradizione del fantoccio di Carnevale: un fantoccio ricolmo di carne e salsiccie veniva portato in giro per la città, seguito da un corteo di prefiche, le quali piangevano per la sua morte.
Il Carnevale a Napoli, oggi, ha un aspetto più tranquillo di una volta, ma ciò non vuol dire che non siano presenti tradizioni da rispettare.
“A Carnevale, ogni scherzo vale” recita un famoso proverbio, motivo per cui durante questa festa vengono fatti numerosi scherzi. Bisogna stare attenti agli scugnizzi napoletani, la cui fantasia in materia di scherzi è insuperabile e troveranno sempre modo di stupirti.
Ogni anno, i bambini si travestono dai loro eroi o da maschere famose e passeggiano per le vie della città. Ciò che li rende particolari è il fatto che spesso vengono vestiti in modo da replicare famose scene dell’anno e far ridere i passanti. Un esempio, è la scena del bambino vestito da Papa con delle guardie a fargli da scorta.
C’è un piatto che non può mancare su ogni tavola napoletana durante il periodo di Carnevale: la lasagna. L’origine di questo piatto è condivisa tra la Campania e l’Emilia Romagna, ma a Napoli ha certamente avuto diffusione proprio con il festeggiamento del Carnevale, poiché il re Ferdinando II l’amava così tanto che fu soprannominato “il Re Lasagna”. Questo piatto è ricorrente sulle tavole partenopee, arricchito da polpette e carne. Inoltre sono presenti uova, ricotta e pasta.
La pasticceria Napoletana non delude certamente a Carnevale. Sono molti i dolci che vengono preparati in quest’occasione, amati dai piccoli e dagli adulti. Il dolce sicuramente più famoso sono le Chiacchiere, mangiate in tutta Italia e sinonimo di Carnevale stesso. Puoi trovare la ricetta qui.
Un altro dolce tipico del Carnevale napoletano è il sanguinaccio: è un composto a base di cioccolato fondente, in cui inizialmente veniva aggiunto anche un po’ di sangue di maiale, che è però stato vietato per motivi igienici.
Pulcinella è una maschera della commedia dell’arte ed il cuore del carnevale napoletano. È una delle maschere più antiche, tanto che risale ai primi decenni del Seicento. Il suo nome significa “piccolo pulcino”, in quanto ha una voce stridula e una maschera dal naso adunco e la fronte rugosa. Pulcinella è un personaggio pigro, goffo e opportunista, ma sa anche essere scaltro e chiacchierone, soprattutto quando c’è in gioco del cibo, di cui è molto goloso.
È vestito con una camicia e dei pantaloni larghi bianchi, e porta una maschera nera in viso. Il legame della città con Pulcinella è anche testimoniato dai modi di dire che vi fanno riferimento, come “il segreto di Pulcinella”, ossia qualcosa che dovrebbe essere un segreto ma è in realtà di dominio pubblico. Ciò fa riferimento ad una caratteristica di questo personaggio, che è pettegolo e non sa mantenere la bocca chiusa. Il comune di Napoli ha perfino dedicato una statua a questo personaggio.
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